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Barbari nel giardino

Scrittori piemontesi nell’hortus conclusus della letteratura italiana

Gli scrittori Piemontesi fanno un ingresso traumatico nella Letteratura Italiana, dove portano presto qualche scompiglio: importante è il rifiuto di accettare l’uso della “bella lingua”, teorizzata da Bembo come il “fine” dello scrivere. Ma già all’epoca Berni rivalutava quest’ultimo sostenendo: Ei dice cose e voi dite parole. E gli scrittori subalpini preferiscono mirare al sodo, usare la lingua come strumento e non come fine, e tendono a comportarsi come barbari e ribelli nel “giardino chiuso” della Letteratura, bello, razionale, con aiuole e fontane ben disegnate, che appare fin troppo elegante e raffinato a loro, intenti ad inserirvi una genuina e brusca spontaneità.

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La prima virtù di questi saggi è la leggerezza, quale la intende Italo Calvino nelle sue Lezioni americane, mai disgiunta dall’esattezza, cioè dalla precisione e dall’efficacia del linguaggio, spesso venato di una sottile benevola ironia, ironia che si avverte già nel titolo della raccolta. Tra i molti pregi di questi ritratti di “barbari” primo tra tutti sta quello di aver colto, come carattere proprio dei Piemontesi, un’instancabile tendenza a viaggiare, nella realtà o almeno “sulle ali della fantasia”. È un’osservazione quanto mai originale che, sostenuta da una ricca documentazione, convince e stupisce soprattutto il lettore piemontese. Da Giovanni Botero a Umberto Eco, i diciassette ritratti disegnano personaggi più e meno noti, facendo emergere non solo il valore dell’opera ma il tipo umano dell’uomo-artista: alcuni sono vere e proprie scoperte anche per chi con la letteratura ha una discreta familiarità, come nel caso del bellissimo (e dotto) ritratto di Camerana; altri, come nel caso della Ginzburg, danno vita a una figura libera dagli schemi convenzionali in cui solitamente è imprigionata; altri tratteggiano con una simpatia non esibita, ma che il lettore avverte ed è portato a condividere, figure complesse e dal multiforme ingegno come Primo Levi. Di tutti i ritratti nessuno è convenzionale, nessuna analisi dell’opera è scontata ed è un raro piacere leggere e rileggere un libro tanto vario a avvincente. Ciascuno avrà le sue predilezioni; la mia va decisamente ai due capitoli sull’Alfieri, in cui ammiro la conoscenza puntuale dell’opera e la simpatia non cieca, ma viva, per la persona, che ispira ed anima pagine davvero indimenticabili.
Chiedo scusa: volevo scrivere due righe e poi … Complimenti per la bella veste editoriale.

La geometrica Torino manda barbari nel giardino della letteratura italiana (ed anche in altri gardini), gente che sa uscire dalla regola per produrre cose nuove. In questo libro Andrea Maia percorre in modo originale quattro secoli di letteratura in Torino ed in Piemonte, offrendoci un libro ricco di informazioni, di originale impostazione e di piacevole lettura. Da leggere e da conservare. Una annotazione ed un consiglio: nel film La donna del Fiume Sophia Loren è una tagliatrice di canne non una mondina –in una auspicabile prossima edizione dare spazio ad un torinese doc come il Fruttero de La donna della domenica e La prevalenza del cretino (che trovo particolarmente attuale).

La prima virtù di questi saggi è la leggerezza, quale la intende Italo Calvino nelle sue Lezioni americane, mai disgiunta dall’esattezza, cioè dalla precisione e dall’efficacia del linguaggio, spesso venato di una sottile benevola ironia, ironia che si avverte già nel titolo della raccolta. Tra i molti pregi di questi ritratti di “barbari” primo tra tutti sta quello di aver colto, come carattere proprio dei Piemontesi, un’instancabile tendenza a viaggiare, nella realtà o almeno “sulle ali della fantasia”. È un’osservazione quanto mai originale che, sostenuta da una ricca documentazione, convince e stupisce soprattutto il lettore piemontese. Da Giovanni Botero a Umberto Eco, i diciassette ritratti disegnano personaggi più e meno noti, facendo emergere non solo il valore dell’opera ma il tipo umano dell’uomo-artista: alcuni sono vere e proprie scoperte anche per chi con la letteratura ha una discreta familiarità, come nel caso del bellissimo (e dotto) ritratto di Camerana; altri, come nel caso della Ginzburg, danno vita a una figura libera dagli schemi convenzionali in cui solitamente è imprigionata; altri tratteggiano con una simpatia non esibita, ma che il lettore avverte ed è portato a condividere, figure complesse e dal multiforme ingegno come Primo Levi. Di tutti i ritratti nessuno è convenzionale, nessuna analisi dell’opera è scontata ed è un raro piacere leggere e rileggere un libro tanto vario a avvincente. Ciascuno avrà le sue predilezioni; la mia va decisamente ai due capitoli sull’Alfieri, in cui ammiro la conoscenza puntuale dell’opera e la simpatia non cieca, ma viva, per la persona, che ispira ed anima pagine davvero indimenticabili.
Chiedo scusa: volevo scrivere due righe e poi … Complimenti per la bella veste editoriale.

La geometrica Torino manda barbari nel giardino della letteratura italiana (ed anche in altri gardini), gente che sa uscire dalla regola per produrre cose nuove. In questo libro Andrea Maia percorre in modo originale quattro secoli di letteratura in Torino ed in Piemonte, offrendoci un libro ricco di informazioni, di originale impostazione e di piacevole lettura. Da leggere e da conservare. Una annotazione ed un consiglio: nel film La donna del Fiume Sophia Loren è una tagliatrice di canne non una mondina –in una auspicabile prossima edizione dare spazio ad un torinese doc come il Fruttero de La donna della domenica e La prevalenza del cretino (che trovo particolarmente attuale).

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